venerdì 16 settembre 2011

I pozzi - La Laguna del Calich


Questa immagine è presa da un vecchio libro sulla Sardegna che veniva distribuito nelle scuole negli anni cinquanta-settanta. 
Giovani, bambini, anziani sono in piazza per attingere l'acqua  da una autobotte. Da notare i recipienti (credo che fossero di ferro e stagno), già pesanti quando erano vuoti. Qui si vedono anche diversi contenitori di plastica. 
Ricordo personalmente che negli anni cinquanta ad Alghero l'acqua era molto scarsa. Non c'era ancora l'invaso del Bidighinzu (l'acquedotto è entrato in funzione a Sassari il 24 luglio 1960) e ad Alghero arrivava l'acqua di Briai, un'acqua molto buona ma anche molto scarsa. Durante l'estate, soprattutto nelle periferie, i rubinetti restavano a secco. Allora ogni due, tre giorni arrivava un'autobotte. Occorreva uscire per strada con i recipienti e attendere che arrivasse il mezzo. A volte veniva di mattina, a volte nel pomeriggio con un sole cocente, eppure occorreva aspettare il suo arrivo. L'acqua che si riusciva a raccogliere doveva servire per tutti gli usi: cucina, lavaggi, bagno ...
Infine anche da noi arrivò l'acqua del Bidighinzu. Certo non era per niente buona, aveva un saporaccio, ma dovevamo accontentarci. 
Nel 1971 ad Alghero vi fu una nuova grave crisi con la diminuzione del 50% dell'apporto idrico. Il grave problema si risolse poi con la costruzione di nuovi invasi.

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Una veduta della laguna del Calich (Marzo 2006)


Qui  vediamo anche Fertilia e notiamo la fascia di dune che nel tempo hanno creato la Laguna separandola dal mare. Un canale molto stretto collega la laguna con il mare. 
Il Calich viene da molti considerato uno stagno. (Marzo 2006)

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Le fabbriche del crine

Questa panoramica mostra la città di Alghero presumibilmente negli anni 40. In primo piano, evidenziato dalla freccia rossa, si vede il capannone di uno stabilimento del crine. Più avanti potrete vedere il vecchio cancello ed un muro che dava sulla via Degli Orti in foto recenti.
Sulla costa, indicata dalla freccia bianca, si trova l'officina delle Ferrovie. Appena più in alto si nota un treno.
Nel terreno libero da costruzioni si vedono gli orti che in quel periodo occupavano vasti spazi fino a tutta la zona del Lido.
(Foto da "Nuova Comunità")


Questo vecchio cancello dello stabilimento del crine stava sulla via Garibaldi fino a due anni fa (2009). Oggi nel terreno sta sorgendo un palazzo.



Vecchie strutture dello stabilimento del crine visibili sulla via degli Orti. 


La palma nana cresce spontanea nei litorali di Alghero. Oggi è una pianta protetta.




Castiga 
Esposta nella Mostra "La civiltà del mare e la civiltà rurale" Ex Circolo Marinai (Alghero) dicembre 2013

Nel quartiere della Pietraia e sulla via Garibaldi si trovavano alcune fabbriche per il crine. Era dunque necessario scoprire qualcosa di più su questa realtà cittadina che è stato un importante elemento dell'economia algherese fino alla prima metà del Novecento.
La ricerca sul crine si è dimostrata molto ampia e infine si è deciso di fare dei disegni per illustrarla. 
La serie di disegni è stata utilizzata per realizzare un cartellone che ha partecipato nel 2001 alla mostra dei lavori scolastici organizzata dall'Obra Cultural. Il lavoro è stato eseguito dagli alunni della IV A e IV B della scuola elementare "La Pedrera".
Le immagini qui presentate sono tratte da fotocopie in bianco e nero colorate in seguito al computer.
Questo è il primo dei disegni. Si vede un uomo che ha caricato sul carro le foglie di palma nana recise per portarle in uno stabilimento 


1. La palma nana caricata sul carro viene portata in uno stabilimento per la successiva lavorazione.
L'uomo dice: - "Aiò, andiamo al crine!"


2. La palma nana viene scaricata nello stabilimento dove las crineras l' attendono per lavorarla.
La crinera dice: - Salve! Vi stavo aspettando.
Il giovane risponde:- Salve, bella ragazza!





3. Las crineras lavorano la palma nana. In alto la crinera sfibra la foglia con la pantinarora e dice: - Non ce la faccio più. 
In basso la ragazza si lamenta: - Ahi! Queste spine! Ahi!





4. La crinera taglia i gambi delle foglie della palma nana e canta: - "Taglia oggi, taglia domani, qualcuno mi guarderà..."





5. Le foglie ormai sfibrate vengono sparse nel cortile per asciugare.
Il lavoro delle crineras era accompagnato da un canto spesso improvvisato. Delle canzoni del crine è rimasto un testo. Le ragazze cantano: - "Le più belle di Alghero lavorano al crine ..."
Alla crinera che sta in mezzo manca un dito. Non è un errore. Talvolta alle lavoranti capitavano incidenti poiché si usavano pantinaroras, accette e altri strumenti pericolosi.



6. La firarora realizzava la treccia con la fibra già lavorata. Questa è l'ultima fase. Il crine, ormai pronto per l'uso, veniva venduto. 
Anche qui il lavoro è accompagnato dal canto che dice: - "Fila, fila, fila, ora viene quello che mi guarda..."



7. Questo è l'ultimo disegno e rappresenta due giovani che cantano due strofe della "Canzò del crino"
Il giovane dice:- Buona sera, quella ragazza, se permette le voglio parlare: Sono un giovane che cerca amore e voglio chiedere il suo amore."
La ragazza risponde:- " Ascolti, ascolti, quel giovane, e non cominci ad insultarmi. E già vede che sono piccola, non son ragazza da fidanzare."


MUSEO ETNOGRAFICO DI SANT'ANTIOCO



Nel Museo Etnografico di Sant'Antioco si possono vedere i prodotti ottenuti con la lavorazione della palma nana. Nell'isola è stato attivato un solo stabilimento del crine. 
I lavori qui esposti sono frutto dell'abilità degli abitanti delle grotte, is gruttaiusu, che li scambiavano con poco denaro o con del cibo. Is gruttaiusu erano coloro che abitavano nelle antiche tombe puniche adattate a dimora da chi, ai margini della società, vi si rifugiava.
Qui vediamo sporte per fare la spesa, scope di vario tipo e dimensione, un pennello da imbianchino (in basso a destra), corde e  una matassa di crine.










Stuoia forse di palma nana  utilizzata per dormire. Di notte si stendeva sul pavimento e di giorno si arrotolava per poggiarla in un angolo.

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giovedì 15 settembre 2011

Sant'Agostino vecchio


Facciata della chiesa di Sant'Agostino vecchio
La facciata è sormontata da un piccolo campanile a vela.

Ai lati dell'ingresso si notano i resti di una loggia.

Abside della chiesa

Interno della chiesa



La statua lignea policroma del Santo risale al 1700.
Nella mano sinistra tiene un libro, segno della sua sapienza, e nella destra sollevata regge un cuore. 

Piazzaforte e Golfo di Alghero in un disegno di Rocco Cappellino 
(in Sardegna negli anni 1552-1572 circa)


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mercoledì 14 settembre 2011

Ingresso di un ipogeo di Cuguttu

 

Dietro l'Ospedale Civile si trova un campo incolto recintato. Tra le erbacce si individuano gli ingressi dei numerosi ipogei che furono le sepolture degli antichi abitanti della zona nell'Età del Rame.
Come ci dice Taramelli non fu possibile salvare le tombe dai picconi dei cavatori di tufo.
Oggi viene spontaneo chiedersi il perché di tanto spregio e indifferenza verso un luogo così significativo del nostro passato. 

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Necropoli di Cuguttu


Questo ipogeo si trova dietro il caseggiato scolastico dell'Ipia. Nonostante il tentativo di recuperarlo, c'è chi continua ad usarlo come gettito.
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Il ritrovamento della necropoli di Cuguttu è opera di Roberto Melosi che per studi geologici ha esplorato i litorali di Alghero a sud della città con particolare interesse per le grotte verso il Cantar e la Cala Ballantino. 
Continuando nelle sue visite Melosi si è spostato nella zona nord, nei terreni alle spalle dell'Ospedale Civile.
Consapevole dell'importanza del suo ritrovamento e molto incerto sull'uso e sul periodo di quelle antiche strutture, comunica le sue scoperte al canonico Spano al quale invia una lettera della quale pubblico la parte che ci interessa.

Lettera in data 22 marzo 1873 dell’ufficiale dei Bersaglieri Roberto Melosi al canonico Giovanni Spano.

“Né debbo tacere di un’altra grotta artificiale che trovai precisamente nel territorio di Cuguttu, poco distante da Alghero, nella quale vennero ritrovate delle ossa umane. Negli strati tufacei di quel luogo trovasi un’apertura a guisa di pozzo, e che altre volte deve esser stato nascosto con cura, perché anche oggi passa inosservato. Discesi in questa specie di pozzo del diametro di circa 80 centimetri, si trova un’apertura quadrata regolare: la quale mette ad un piccolo stanzino, e da questo in una specie di sala larga circa 2 metri, e lunga 3 metri.
Sulle tre pareti di questa sala sono altre aperture quadrate di 70 a 80 centimetri, le quali mettono ad altre piccole stanzine perfettamente quadrate; da una di queste aperture si penetra in una stanzina alla quale tien dietro  altra assai larga, e che forma il punto più recondito di questo strano appartamento. Sul pavimento di ognuna di queste piccole stanze trovasi una pietra quadrangolare, la quale serviva ad otturare ermeticamente le aperture, essendo stata praticata nell'orlo dell’apertura stessa a questo scopo una specie d’intaglio affinché la pietra combaciasse perfettamente.
Una di queste stanze ha un buco nel soffitto per mezzo del quale penetra l’aria, e vedonsi segni evidenti che quivi furono accesi dei fuochi. Il suolo si compone di un sedimento fino della specie di quello che ho accennato per la tomba antecedente. Tutta questa sotterranea dimora è tagliata nel tufo con una regolarità ammirabile, ma per quanto mi facessi a lambiccare il cervello, non mi fu possibile indovinare a qual uso servisse ed a quale epoca potesse spettare.
Sortito da questa caverna, e girando su quei dintorni, scoprii, sulla parete di una specie di dirupo un’altra apertura tagliata come quella del detto sotterraneo, ma tutta piena di terra. Fatta portare una scala, trovai con mia sorpresa, nello scavare questo sedimento che l’otturava, una quantità di ossa umane, teschi, frammenti di crani, etc.
In questi dintorni trovai pure altri frammenti di ossidiana, ed una punta, che sembravami lavorata, di quarzo. Sarebbe stato necessario operare degli scavi, specialmente nella caverna, ma fu una disgraziata combinazione d’esser venuta a mia notizia l’esistenza di questa località il penultimo giorno della mia dimora ad Alghero. Non ostante potei rilevare una pianta con tutte le misure della caverna in questione."*

Sarebbe interessante vedere la pianta disegnata dal Melosi.

*Nuovo Itinerario dell'Isola di Sardegna di Pasquale Cugia, Tipografia Nazionale E. Lavagna e Figlio, Ravenna, 1892, pag. 144 - 145



Dietro l’Ospedale Civile c’è un campo incolto recintato.
Tra le erbacce si trovano gli ingressi dei numerosi ipogei che furono le sepolture degli antichi abitanti della zona nell’Età del Rame che negli anni della seconda guerra mondiale furono riutilizzati dai soldati forse come rifugi.
Come ci dice Taramelli non fu possibile salvare le tombe dai picconi dei cavatori di tufo.
Oggi viene spontaneo chiedersi il perché di tanto spregio e indifferenza verso un luogo così significativo del nostro passato.


INAUGURAZIONE DEL PARCO DI CUGUTTU

Il 21 dicembre 2019, giorno del solstizio d'inverno, si è tenuta la cerimonia d'inaugurazione del Parco della Necropoli di Cuguttu dopo la radicale pulitura effettuata dalla Coop Sociale Ecotoni onlus che ne aveva avuto l'incarico con un finanziamento della Fondazione del Banco si Sardegna.

Se oggi il sito ha ritrovato la dignità che la sua antica funzione richiede, lo dobbiamo alla sensibilità di Chiara Rosnati e Antonio Mura che, dovendo scegliere un'area da risanare, hanno scelto queste tombe sommerse dalla spazzatura dietro il suggerimento di Marina Favata che ha avuto sempre a cuore questa zona consegnata all'incuria e all'oblio. Nel corso della cerimonia ho capito a fondo che cosa è una sinergia. Ho visto tante persone che hanno lavorato unite per conseguire uno scopo senza il minimo attrito o incomprensione tra di loro. Ho capito che, se si lavorasse sempre in questo modo, non ci sarebbero questioni senza soluzione, tutto procederebbe felicemente per la nostra città, e sappiamo quanto Alghero avrebbe bisogno di sinergie.

L'evento ha dato l'occasione di individuare strategie per far sì che il risultato ottenuto diventi permanente. Si è pensato innanzitutto di allestire dei pannelli per spiegare a cittadini e turisti che quello è un suolo sacro in quanto accoglie le sepoltura dei primi abitanti del nostro territorio. Le tombe hanno restituito reperti significativi che fanno luce su un periodo molto lontano del nostro territorio. Di conseguenza ci siamo chiesti se si possono ottenere, dai Musei ove sono custoditi, almeno alcuni oggetti per inserirli nelle vetrine del nostro Museo Archeologico.

L'associazione Tholos ha proposto di promuovere la pubblicazione di un lavoro con gli gli studi fatti fino ad ora sulla necropoli e di presentarlo ai cittadini in modo che sia un punto di riferimento per chi desideri approfondire le proprie conoscenze sul sito.

Voglio qui rimarcare che l'inaugurazione si è svolta in una giornata particolarmente significativa per le antiche popolazioni. E' il giorno della rinascita del sole che dal 21 dicembre riprende vita, e trionfa sul buio. Noi ormai abbiamo perso la consapevolezza dei ritmi naturali e del ciclo solare, ma per un contadino o un pastore del neolitico era fondamentale conoscere i momenti dei solstizi e degli equinozi, e li sottolineava con solenni riti e cerimonie.

In questa ottica la scelta del 21 dicembre per presentare la rinnovata necropoli di Cuguttu ci accomuna a quelle arcaiche genti e ci auguriamo dunque che sia di buon auspicio per il futuro.


MONUMENTI APERTI 2022

14 e 15 maggio 2022

Per la prima volta nella storia di Monumenti Aperti è stato possibile visitare la necropoli di Cuguttu. Dobbiamo ringraziare alunni e insegnati della Scuola Media Maria Carta della Pietraia che, con  grande partecipazione ed entusiasmo, hanno illustrato ai visitatori l'antico sito, ahimè, sconosciuto ai più.

Pannelli esplicativi realizzati con particolare cura hanno reso la visita ancora più interessante. 
Lo studio accurato e approfondito svolto dagli insegnanti ha messo in luce un periodo della nostra storia poco o niente valorizzato. Speriamo dunque che non sia lontano il momento della riscoperta di questo tassello così importante del popolamento del nostro territorio anche da parte degli esperti del settore.
Personalmente ringrazio Marina Favata che ha sempre mantenuto una particolare attenzione per  questo luogo che, pur così vicino, è ancora molto lontano dalla percezione consapevole di tanti


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La Pietraia - La cava di tufo

RICERCA SUL NOSTRO QUARTIERE

LA PEDRERA DI ALGHERO


Nel mese di dicembre 1999 abbiamo completato sul nostro libro di testo una scheda sulla casa.
Tra le altre, c’era anche la domanda:
- Quando è stata costruita la tua casa?
Per poter dare una risposta gli alunni hanno rivolto la domanda ai loro genitori ed hanno scritto sul questionario del libro la data di costruzione.
A scuola abbiamo confrontato le date ed abbiamo scoperto che le abitazioni del quartiere sono tutte molto recenti. Le più antiche risalgono agli anni 40-50.

A questo punto ho chiesto ai bambini di raccogliere altre notizie. Dovevano domandare ai genitori che cosa c’era, al posto delle costruzioni, negli anni precedenti. Inoltre dovevano cercare informazioni sul quartiere. 
Ciascuno  ha fatto delle indagini presso genitori, nonni, vicini di casa, amici.
In questi post c’è il risultato della ricerca. I testi sono quindi le testimonianze raccolte dalla viva voce degli abitanti che hanno visto nascere il quartiere nel corso di circa cinquant’anni. 
Noi abbiamo studiato che la storia si scrive anche mettendo insieme le notizie lasciate dalle persone che hanno visto accadere gli eventi o che li hanno fatti accadere. 

Questa è la storia di un quartiere della città di Alghero, la Pietraia, sorto negli anni cinquanta-sessanta. Da quegli anni ad oggi il suo aspetto è talmente cambiato da essere irriconoscibile. Seguiremo la sua evoluzione pian piano partendo dalle sue antiche origini che datano ben prima del 1950.

Riporteremo la testimonianza di alcuni suoi abitanti che in maniera veramente chiara e completa descrivono i suoi primi passi come quartiere cittadino. Ma ci sarà anche occasione per tornare molto più indietro nel tempo.


ECCO DUNQUE LE TESTIMONIANZE DEGLI ABITANTI.

Il materiale di questo lavoro fa parte di una ricerca scolastica iniziata nel 1999.  

Le interviste risalgono al 1999. Da allora il quartiere ha subito nuove modifiche e ho provveduto ad inserire degli aggiornamenti.

"Nel  quartiere, prima che si costruissero le case, c'era la cava di pietre da cui si estraevano i cantoni. Andando dalla via Don Minzoni verso il mare c'erano tanti orti; si dice che quei luoghi fossero ricchi di acqua potabile e che ci fossero molti pozzi. Prima della zona dove ora sorge la stazione c'era l'acquedotto. C'erano anche un caseificio e un mulino. Non esisteva la stazione, ma c'erano solo i binari che andavano a San Giovanni. Non c'era neanche l'ospedale.

La Pietraia è nata come quartiere popolare, cioè le prime case che sono state costruite erano case popolari. Non era unito al centro di Alghero come lo è adesso, ma era come una frazione staccata. Nel terreno dove ora c'è la mia casa, prima c'era una cava di pietre. Infatti quando mia mamma era piccola, intorno alla casa c'erano i segni degli scavi. In tutto questo territorio, prima che venissero costruite le case, c'erano tante cave di pietra. E' per questo motivo che forse il nostro quartiere viene chiamato la Pietraia o La Pedrera (leggi: La Parrèra)."

"Il quartiere era composto da una strada senza asfalto tutta circondata da orti.
Negli anni del secondo dopoguerra (anni cinquanta) l'abitato di Alghero arrivava fino al porto, dove c'era la vecchia stazione ferroviaria.
Di fronte alla stazione c'era la scuola materna Magnanelli (La scuola Materna è erroneamente conosciuta con la denominazione di "Magnanelli" dal nome del costruttore. In realtà è intitolata all'ing. Erminio Sella che la donò alla città. La giusta denominazione appare chiara sulla facciata dell'edificio. Oggi ospita la facoltà di Architettura) e la fabbrica di conserva e poi di sansa di olive. Prima della chiesa di S. Giovanni c'era uno stabilimento dove si faceva il crine, e a fianco della chiesa di S. Giovanni c'era un convento che negli anni settanta ospitava le Clarisse, suore di clausura che già da alcuni anni si sono trasferite a Monte Agnese.

Subito dopo la chiesa, sempre proseguendo in direzione della Pietraia, c'era la vecchia cantina di Sella & Mosca (oggi Quarter Sayal)  All'angolo dove ora c'è lo svincolo per andare al Lido c'era un altro stabilimento del crine. Nel luogo dove adesso c'è la Standa sorgeva una struttura gestita dai frati; poi è diventato un albergo e agli inizi degli anni novanta l'edificio è stato demolito ed al suo posto è stato costruito un grande palazzo che ospita i grandi magazzini.

Sempre agli inizi degli anni novanta, in una zona coltivata ad orti, è stata costruita la caserma dei carabinieri. Più avanti, sulla destra, subito dopo la chiesetta di Sant'Agostino Vecchio c'era tutto un fossato con delle piccole casette dove viveva della gente. In seguito, negli anni ottanta, è stato costruita la stazione ferroviaria. Subito dopo si trovano le prime case popolari, la chiesa di S. Giuseppe, il mercato rionale.

Dietro il mercato c'è una grande area recintata con due grandi capannoni. Uno ospitava i forni della vecchia vetreria e, quello di fronte, era utilizzato come magazzino. Durante la seconda guerra mondiale fu adibito a deposito di aerei.
Dietro l'ospedale, che entrò in funzione nel 1968, si trova la vasta necropoli di Cuguttu, oggi in stato di completo abbandono. Durante la seconda guerra mondiale i soldati scavarono gallerie per unire alcune tombe ed usarle come rifugi o altro.
Negli anni sessanta, nella zona che si trova di fronte all'ospedale Marino, è nato il complesso delle case E.T.F.A.S. e recentemente è stato costruito un Parco Giochi."

 Ascoltiamo adesso la testimonianza di un archeologo, Antonio Taramelli, che esplorò la zona nel 1909. (Da "Scavi e scoperte" 1903-1910)

"A breve distanza dalla città di Alghero, presso la chiesetta di s. Agostino vecchio, dove la ferrovia per Sassari interseca la strada provinciale di Porto Conte, a poca distanza dalla spiaggia del mare, si elevano una serie di leggeri rialzi composti di una roccia tenera  nella quale sono aperte le cave numerose per il materiale di costruzione. La regione porta il nome di Cuguttu. Questi rialzi, antiche dune del litorale quaternario, hanno fornito il materiale per gran parte della città d'Alghero, compresi i monumenti, i bastioni aragonesi e spagnuoli; ma ancora adesso questi materiali sono usati; e le cave per ottenerli hanno perforato in ogni senso ed in parte sino ad una profondità talora di sei o sette metri, specialmente nel tratto vicino alla chiesetta di s. Agostino e prossimo alla strada accennata."

Da questa testimonianza possiamo ricavare le seguenti notizie:

-  Nel quaternario la zona era un litorale sabbioso;

-  Il territorio fino ai primi anni del novecento veniva denominata Cuguttu e non La Pietraia;

-  Nel 1909 era già in funzione la ferrovia Alghero-Sassari;

-  La via Don Minzoni era allora la strada provinciale Porto Conte.

 Alle spalle dell'Ospedale Civile si trova la necropoli di Cuguttu e Taulera.
Questo antico cimitero del periodo eneolitico ormai è illeggibile nel territorio. Le erbe nascondono da decenni gli ingressi degli ipogei che formano un grande sito archeologico. Le sue vicende sono ignorate da molti, soprattutto da coloro che lo utilizzano come discarica per ogni sorta di rifiuti.
Ma noi non potevamo dimenticarlo perché sappiamo che una parte della nostra storia è legata a quella località, che per gli antichi sardi era un'area sacra, un luogo di culto, di raccoglimento e di preghiera.
Per conoscere qualche notizia su questo sito occorre leggere la relazione del Direttore del Museo e degli Scavi e Antichità della Sardegna Antonio Taramelli, che l'ha esplorato nel 1909.

Egli ci racconta che un ufficiale dei bersaglieri, Roberto Melosi, nel marzo 1873, aveva notato la presenza degli ipogei e vi aveva trovato resti di scheletri, e frammenti di pietra lavorata.
Passarono gli anni ed altri studiosi si interessarono del luogo. Quando Taramelli si trovava ad Anghelu Ruju per scavare la necropoli, si recò a Cuguttu e si accorse che le tombe erano state tutte frugate ed ampliate dai cavatori di tufo e dai pastori che vi ricoveravano il bestiame.
A questo punto l'archeologo, impegnato in altri lavori, si limitò a raccomandare ai cavatori di stare attenti. Poco tempo dopo egli ebbe notizia del fatto che durante l'apertura di una nuova cava, si era tagliata una tomba.
Ma sentiamo ciò che dice lui stesso. "Non fui avvertito in tempo per sorvegliare lo scavo, che disgraziatamente non fu fatto a scopo archeologico, sicché... non potei che raccogliere il materiale sfuggito alla distruzione e visitare quel poco che rimaneva delle tombe".
I reperti erano di vario tipo. C'erano frammenti di ossa umane,utensili ed armi di selce ed ossidiana, due anellini e due braccialetti di rame, pendagli ricavati da denti di cinghiali e di volpi, valve di molluschi, oltre a numerosi vasi d'argilla. Alcuni erano decorati ma in prevalenza erano cotti in maniera incompleta e lavorati senza cura dei particolari.
 Gli ipogei si presentano con caratteristiche simili a quelle di Anghelu Ruju. Da una breve rampa si accede ad un locale centrale circolare con aperture che immettono alle celle sepolcrali situate ad un livello superiore rispetto al pavimento dell'ambiente centrale.
La necropoli di Cuguttu si da risalire all'Età del Rame e del primo Bronzo. L'analisi dei reperti fa pensare al Taramelli che:
"... questa tomba di Cuguttu sia più recente di quelle di Anghelu Ruju; e così possono spiegarsi le analogie più strette e numerose che siamo venuti notando col materiale dato dai nuraghi."
In altre parole Cuguttu segna il passaggio dall'Eneolitico al Nuragico e apparteneva a genti che, "in corso del tempo, dettero forma alla civiltà nuragica".
Ma la necropoli nascondeva ancora un altro importante reperto. In una domus si trovò in seguito un cranio trapanato, appartenuto ad un individuo vissuto nella prima età del Bronzo (1800-1600 a.C.) . Le grotte naturali e artificiali dell'Isola, sino ad ora, ci hanno restituito una decina di crani che avevano subito questa operazione.

 Il numero elevato di sepolture che compongono il sito fa supporre che nelle vicinanze esistesse un villaggio densamente popolato. Il luogo è decisamente favorevole ad un insediamento umano: nel territorio si trovano numerose risorse naturali: la laguna del Calich, il mare, e campi pianeggianti. Vi si potevano sviluppare la pesca, la caccia, la pastorizia e l'agricoltura.







Una scolaresca visita la cava.

Ecco i segni dei cantonetti di tufo estratti dalla cava.

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